giovedì 22 agosto 2019

Le Vespate di Chicco: Ep.2 Gran Sasso 2019


Il 20 aprile 2019 ci troviamo di buon’ora io, Carlo, Meno ed Edo per trascorrere una settimana tra Emilia Romagna, Marche, Abruzzo, Umbria e Toscana guidando su e giù per il Gran Sasso, ormai unico monte della zona rimasto inesplorato.
Con prima tappa casa di Carlo a Numana decidiamo di partire verso le 10 del mattino, tutto il resto non si sa: tragitto, tappe, dove dormire, decideremo di volta in volta.
Pronti partenza via: ad Argenta, 20km dopo essere partiti, ci fermiamo a cambiare il mio cavo del gas che si è tutto sfilacciato...
... chi ben comincia è a metà dell’opera, il buongiorno si vede dal mattino e stronzate varie.
La temperatura è gradevole, siamo intorno ai 20° e con un giubbino, pantaloni lunghi, guanti e paracollo si viaggia da dio anche alle nostre velocità (ben 80km/h, di tachimetro…).
Arrivati a Mezzano nel ravennate facciamo la solita foto di rito di cui ora vi racconto la storia:
ogni volta che andiamo a sud passiamo per Ravenna lungo la SS16, nel lontano 2015 con direzione Raduno 9 colli a San Mauro Pascoli ci fermammo in un piccolo spiazzo a bordo strada per riposarci un attimo e trovammo un divano abbandonato di fianco ai bidoni del pattume, come non cogliere l’occasione di scattare una foto stile sigla iniziale di Friends?



Prendemmo poi quel divano, lo tirammo su di peso e lo lanciammo oltre il cancello verde che si vede sulla destra della foto, non ho idea cosa ci fosse al di là ma a distanza di anni ancora rido se penso al povero cristo che la mattina dopo si trova un divano sbudellato in giardino e si chiede come sia arrivato li. Quel gesto è rimasto negli annali e da quel giorno OGNI volta che si passa per Mezzano ci si ferma e ci si scatta un selfie, in Vespa o auto che sia.
Quel luogo ogni volta ci regala sketch degni di nota quasi fosse un triangolo delle Bermuda di ignoranza: ricordo quando vi trovammo un albero marcio, che ovviamente prendemmo a calci e da cui uscirono delle larve enormi che pure Bear Grills avrebbe avuto paura di mangiare.
Se volete farvi dei selfie anche voi vi lascio le coordinate, poi giratemi le foto mi raccomando: 44°27'21.6"N 12°06'20.5"E
In men che non si dica, più o meno, raggiungiamo la prima tappa: ore 14 alla Casina del bosco.
È una piadineria a Rimini di una bontà oltremisura, difatti è sempre murata di gente ma la buona organizzazione garantisce tempi di attesa brevi sia per il tavolo che per il cibo.
Come ci sediamo Edo parte subito a dormire sul tavolo.




A sto giro ci va ancora meglio perché ci mettono seduti di fianco ad un tavolo di ragazzi in cui una sciroccata dal nome strano mi attacca subito pezza, dopo pochi secondi per fortuna la sua attenzione devia sul giubbino da aviatore anni 70 di Carlo: quando ci siamo seduti c’erano tipo 25° e la gente era in magliettina ma essendo noi ingianduriti dal freddo che ci siamo presi durante le 4 ore di viaggio siamo rimasti vestiti duri scaturendo l’ilarità dei presenti.
Sta tizia o era matta o era davvero molto brava a farlo sembrare e per rendere la cosa ancora più credibile tira fuori un blister pieno di pilloline colorate che si fa fuori a turno una ad una.
La scena degenera in fretta e finiamo a parlare con lei del lavoro di Edo come scafista che mi ha permesso di raggiungere l’Italia su un barcone per poi trovare impiego nel bel paese come Ninja…..
Credibile no?
Il pranzo volge al termine, breve sosta relax nel prato dinnanzi dove Edo prosegue il suo pisolino e Meno si accorge che un piccione gli ha cacato sul giubbino e ripartiamo direzione Numana.




Le rotture incombono e faccio notare ad Edo che ha una perdita di olio nella ruota posteriore (strano perché Edo non rompe mai nulla ™).
Essendo sabato troviamo un grosso ricambista aperto e ci mettiamo davanti all’ingresso a smontare mezza Vespa per sostituire il paraolio della ruota posteriore.


Proprio in quei pressi qualche anno prima ci fermammo in un altro ricambista perché sempre Edo ruppe il manicotto di gomma del carburatore (strano perché Edo non rompe mai nulla ™).
Ripartiamo e dopo una smacinata di km, freddo e piogge intermittenti arriviamo a casa di Carlo in quel di Villaggio Taunus.

Il giorno successivo partiamo alla volta di Jesi per raggiungere poi le grotte di Frasassi, per fortuna il tempo è clemente. Le grotte sono imponenti, annullano completamente tutte le grotte viste in precedenza o che vedrai in futuro, una volta visitato Frasassi il resto è solo popò.


Dopo un film di Bud Spencer ed una dormita a Villaggio Taunus ci alziamo il lunedì con un dubbio che ci attanaglia, partiamo o non partiamo?
Il tempo fa schifo e le previsioni peggio, ma chi ce l’ha più duro se lo mena quindi dopo una serie interminabile di dubbi e confronti decidiamo di accendere le Vespe verso le 11 con direzione Abruzzo.
Niente da fare, appena usciti da Villaggio Taunus (mi piace ripetere queste parole, lo avete notato?)  perdiamo di vista Edo, tornando indietro lo becchiamo riparato sotto una fermata dell’autobus a sostituire il filo del cambio (strano perché Edo non rompe mai nulla ™).

Sistemata quella bega ripartiamo sotto la pioggia fino ad arrivare in un forno nei pressi di Ascoli Piceno dove mangiamo qualche metro cubo di pizza durante una rievocazione storica di non so cosa ma che riempie la zona di anziani vestiti con vecchie divise garibaldine.
Ripartiti ci fermiamo poco dopo, a Teramo, dobbiamo trovare dove dormire e magari asciugarci un attimo.
Nel bar in cui ci fermiamo in centro città Carlo fa il suo numero e chiede un grog, bevanda composta da acqua e rum tipica dei pirati e resa famosa dal videogame Monkey Island.
Inutile dire che la barista non sapeva di cosa Carlo stesse parlando...
Grazie ad Airbnb troviamo alloggio a L’ulivo, una residenza gestita da una coppia a Torricella Sicura, un paesino fuori Teramo.
Giunti verso le 18 siamo vittime della calda accoglienza Abruzzese, troviamo un gruppo di 5-6 persone fra i 45 e 50 anni più unti di una cucina di cinesi che ci offrono chiacchiere, cibo e vino a volontà.

Uno di loro, palesemente fradicio, dopo aver ribaltato un bicchiere di vino rosso su un cuscino bianco alza lo sguardo verso di noi e dice come per giustificarsi oh, io è dalle 13 che combatto! riferendosi al fatto che stava bevendo da ore….

Ovviamente rispondiamo alle solite domande di rito: da dove venite, quanti anni hanno i mezzi, dove siete diretti, lo fate spesso etc. etc. ma ad un certo punto abbiamo un vincitore.
Uno dei duroni saputo che venivamo da Ferrara ci chiede di ospitarlo per una visita alla città ma mette subito le cose in chiaro: a me non me ne frega un cazzo a me di vedere la città e le cose, io vengo per bere!

Ok….
La cosa che mi fa sorridere è che qui tutti parlano come Maccio Capatonda.
Mentre gli altri sono in chiacchiera io sistemo due robe nella mia Vespa e dico ad Edo di prendere nota su cosa visitare nella zona. Dopo poco tempo mi arriva un messaggio scritto proprio da lui: Enrico piano. Pensando si riferisse ai piccoli lavori di manutenzione che sto effettuando (non mi andavano più le luci) continuo facendo particolarmente attenzione a non creare rumori molesti e risolvo il guasto togliendo il connettore Polini che con la pioggia si riempie di acqua e manda tutto a massa.
Le risate si sprecano, magari gli ospiti fossero tutti gentili e divertenti come loro, oltretutto ci fanno dormire in una dependance fighissima piena di ogni servizio e leccornia e ci consigliano dove cenare, ovviamente a base di arrosticini.
La mattina seguente ci rimettiamo in marcia alla volta del monte, per l’esattezza Prati di Tivo, ma arrivati ci attende la neve.

Cambiando rotta ci fermiamo in un posticino a decidere il da farsi mentre riempiamo lo stomaco ed Edo, che non è proprio il primo fan di Gesoo, viene messo subito a disagio da un piccolo post-it sul muro.

Girando lungo tutto il versante est del Gran Sasso incontriamo valli e paesini stupendi, peccato per il meteo che ancora una volta non è clemente nei nostri confronti.
A quel punto salta su Edo dicendo di recarci in un posto che gli era stato consigliato dai duroni, quello che mi aveva scritto per messaggio la sera precedente. Enrico piano, e che cazzo sarebbe?! Apro Google Maps e faccio centro in fretta: RIGOPIANO.
Edo sei un marone, e devi bere di meno.
Partiamo alla volta del paese protagonista della triste storia di cronaca e superato ci imbattiamo in una vallata con una strada dritta lunga chilometri e circondata da una pianura infinita, veramente una strada meravigliosa.
Passata quest’area finiamo in una zona che è un misto tra la pianura brulla della Sardegna e il Gran Sasso, direzione Castel del Monte.
Qui si apre un altro aneddoto degno di nota.
Prima di partire avevo guardato un pochino di guide della zona ed ero finito proprio sul consiglio di visitare Castel del Monte e come sono solito fare ne digito il nome su Google Immagini vedendo una rocca imponente, ottagonale con torri maestose, cazzo da vedere assolutamente!
Arrivati nel piccolo paesino arroccato non ne vediamo la famosa rocca, eh sì che è così grande che in un paesino del genere dovrebbe vedersi subito, ma nulla, della rocca nemmeno l’ombra.
Ad una certa, affranti dalla ricerca inconcludente, Carlo controlla meglio su Google ed emerge il mio epic fail: Castel del monte oltre essere il paesino in cui ci troviamo è anche il nome della rocca maestosa che avevo visto in foto ma che si trova a Bari..
Mi prendo la mia dose di insolenze e sfottò e ripartiamo per la sosta successiva, si dorme a Rocca Calascio.
Questo è proprio un bel posticino, se avete una donna portatecela e ve la darà sicuramente.
È un borghetto ai piedi di un castello centenario in cui hanno anche girato Ladyhawk. Del castello resta poco e niente ma è proprio sul cucuzzolo e si può ammirare tutto l’intorno.
Il borgo ha bensì 10 abitanti e gli alloggi sono veramente carini, in stile ovviamente ed avvolti da stradine e sentierini che si inerpicano su e giù per i dislivelli di questa zona rialzata.
Ceniamo qui, nell’edificio di fianco a dove dormiamo ma non prima di visitare il borghetto finendo in una specie di laboratorio tessile dove due fricchettone creano cappelli di lana fatti a mano.
Non ricordo bene a che proposito ma Carlo solleva una discussione con loro, sul come dovesse essere fatto un certo tipo di poncio forse.
Incontriamo un gruppo di Ferrara in cui riconosco la nostra caratteristica pronuncia marcata sulla S ed L. Ci buttiamo a letto e Meno durante la sua camminata pre-dormita ha un incontro con una volpe, proprio nella stradina di fronte a casa in mezzo al borgo.
 La mattina seguente partiamo alla volta di Campo Imperatore, la cima del Gran Sasso, il meteo è buono ed il paesaggio spettacolare.


Per puro culo mentre infilo il telefono in tasca premo il tasto della fotocamera e creo lo scatto forse più bello di tutti, un primo piano del contachilometri con lo sfondo sfuocato delle montagne innevate.






Durante la discesa Edo ha un problema alla frizione (strano perché Edo non rompe mai nulla™) ma in 5 minuti risolviamo.

Arriviamo ad Assergi, dalle parti de L’Aquila ed Edo si ferma ancora lungo la strada (strano perché Edo non rompe mai nulla™), non gli tira più la frizione, forse quei 5 minuti impiegati lungo la discesa per registrare la frizione erano sintomo di un problema più ampio.
Apriamo e troviamo l’amara sorpresa: è esploso il cuscinetto reggispinta del piattello frizione, qui sono cazzi perché rischiamo davvero di non tornare più a casa.

Io e Carlo, grazie ad un muratore che stava facendo dei lavori nella casa di fronte a noi, riusciamo a farci accompagnare in un negozio dove troviamo il cuscinetto giusto, in un’officina dove togliamo il cuscinetto vecchio ed inseriamo il nuovo ed infine in un negozio di utensili dove compriamo una calamita telescopica con cui recuperare una delle sfere del vecchio cuscinetto che si era infilata nei meandri del motore.
Tornati nel luogo del fattaccio con il sorriso ed i pezzi di scorta becchiamo Edo e Meno intenti ad ascoltare a tutto volume Io per lei di Pino Daniele (colonna sonora del viaggio Brokeback mountain 2016) ed a ridere perché un vecio aveva appena fatto esplodere il lunotto posteriore della sua auto con una retro contro un pilone di cemento.
Ringraziamo il muratore, chiudiamo tutto ma la sfera del cuscinetto non si trova, siamo costretti a ripartire lasciandola gironzolare dentro al motore con il concreto rischio che si infili nel cambio sbudellando tutto.
Carlo attacca comunque un pezzo di calamita al tappo di scolo dell’olio cambio sperando che regga e che attiri a sé la pallina durante il viaggio.
In marcia verso la prossima tappa Edo frantuma gli occhiali (strano perché Edo non rompe mai nulla™).

Giungiamo a Cerreto di Spoleto, in Umbria, e dormiamo a Le due querce, un agriturismo sulla tangenziale in mezzo ai monti, non è come Villaggio Taunus ma comunque molto accogliente.
Con noi a soggiornare lì c’è solo una coppia, che appena sente un maial di Edo ci confida di essere nostra compaesana.
Il giorno dopo si riparte verso Perugia dove ci fermiamo a pranzare ed ammirare il centro città.
Rifocillati ci mettiamo di nuovo in strada e ci fermiamo a prendere un pochino di sole lungo le sponde del lago Trasimeno, qui Carlo sfodera tutto il suo charme mettendo in mostra la sua canonica mutanda bianca.
Lungo la strada ci fermiamo ad ammirare il castello di monte Gualandro in cui Meno lascia il segno come i canidi.
Troviamo poi alloggio in un agriturismo a Lucignano in provincia di Arezzo. Lucignano è un borgo stupendo, arroccato con delle minuscole vie in mezzo ad edifici in pietra vista in cui è semplicissimo perdersi.


Mangiamo qualcosina di tipico in agriturismo, ci guardiamo Behind enemy lines in Tv e tutti a letto, domani si riparte verso casa e tanto per cambiare sembra ci prenderemo l’acqua.
Il giorno dopo il rientro procede lesto e bagnato ma riusciamo ad essere a casa verso il primo pomeriggio.

Bilancio:
1,300km in 7 giorni, svariate rotture, pioggia a quintali ma posti stupendi, ottimo cibo e ricordi da portarsi dentro per anni.

PS. Arrivati a casa Edo ha scolato l’olio ed attaccato al tappo di scolo c’era la sfera del cuscinetto. Tutto è bene quel che finisce Vespa!!!!




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